L'orbace è un tessuto di lana di pecora tipico della Sardegna,
più tecnicamente è un panno ottenuto mediante una specifica lavorazione che
risale ad epoche lontanissime. La parola deriva dall’Arabo “al-bazz” e
significa stoffa, tela. L’armatura del tessuto è a tela e il colore tipicamente
scuro è ottenuto con la tintura, perché naturalmente risulterebbe di colore
bigio.
Prima di tutto si selezionano i peli più lunghi della lana, poi, dopo la tessitura,
si ha il processo di “follatura” in cui si provoca l’infeltrimento così da
ottenere un panno robusto e impermeabile. Il processo di “follatura” prevede
di esercitare grandi pressioni sul tessuto imbevuto di acqua calda insaponata,
allo scopo di far compenetrare tra loro le fibre e ottenere un tessuto
compatto. Questa operazione veniva tradizionalmente effettuata calpestando a
piedi nudi i tessuti, successivamente questo processo avvenne in maniera più
sviluppata, utilizzando magli appositi, le “gualchiere”, che erano messi in
movimento da ruote che sfruttavano la corrente dei corsi d'acqua. In Sardegna, interi villaggi erano dediti alla produzione di
orbace, per esempio Arbus, nel Medio Campidano, o Tiana, nel Nuorese, che
conserva ancora oggi una gualchiera funzionante.
L’orbace era il tessuto più
usato nell'abbigliamento quotidiano. Ad esempio, di orbace veniva fatto “su saccu” che
serviva ai pastori sia da mantello che da coperta ed è composto da due teli
abbastanza lunghi cuciti, per il lungo, l’uno sull'altro. L’orbace era ed è
usato tuttora anche per la confezione
dei caratteristici costumi locali, sia maschili che femminili e dei “gabbani”,
una specie di cappotto con cappuccio.
Alcuni studiosi affermano che l'orbace veniva usato anche in epoca romana per equipaggiare i soldati che andavano in guerra. Sicuramente di orbace erano i sai dei monaci medievali. Mentre in epoche più recenti, venne usato ad esempio durante il Fascismo, quando il Regime promosse l'Autarchia, e si incrementò l'uso dell'orbace al posto dei tessuti tradizionali. Vi fu una vera e propria "campagna dell'orbace" che ebbe riflessi positivi sull'economa rurale della Sardegna. Di orbace erano infatti le uniformi della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, le cosiddette "camice nere" e delle organizzazioni giovanili, i Balilla e le Giovani Italiane.
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