Viste le continue piogge e l’acqua che si vede ristagnare nelle nostre campagne, c’è da chiedersi se per caso non ci sia il pericolo che si vada a creare l’habitat ideale per la zanzara anofele, quella che per intenderci portava la malaria. Quindi è bene sapere come ci si comportò contro questa piaga che falcidiò la popolazione sarda per tanti secoli.
Prima della massiccia campagna di disinfestazione condotta in Sardegna tra il 1947 e il 1950 dalla Rockfeller Fundation, la Sardegna era la terra d’Occidente più colpita dalla malaria e forse lo era fin dal suo primo massiccio popolamento avvenuto nel neolitico. La malaria fu verosimilmente la causa più importante dello scarso popolamento e dell’arretratezza della Sardegna nel corso dei secoli. L’alta frequenza della malaria e forse il malcelato intento di preservare quest’isola vista la sua importantissima posizione strategica sul Mediterraneo, furono i principali motivi che pesarono sulla scelta della nostra isola da parte degli USA e del Blocco Occidentale, dopo la Seconda Guerra Mondiale, per praticare la campagna antianofelica e antilarvale con lo scopo finale dell’eliminazione della malaria.
In realtà, l’intento di base era quello di sradicare la malaria in tutta Italia e di farlo utilizzando prevalentemente il DDT (acronimo di Dicloro-Difenil-Tricloroetano), inventato dallo svizzero Paul Muller nel 1939. Un nuovo prodotto insetticida attivo sia sulle zanzare sia sulle larve che interrompe in questa maniera il ciclo biologico del plasmodio. Il plasmodio della malaria espleta metà del suo ciclo vitale proprio nelle ˝anopheles˝, nelle quali si incista nelle ghiandole salivari della zanzara stessa. Mentre, nelle altre specie di zanzara il plasmodio sarebbe ingerito e digerito dalla zanzara stessa.
L’esperimento col DDT era già stato fatto in altri piccoli territori d’Italia (Napoli e foce del Tevere) e all’estero (Egitto e Brasile) con risultati soddisfacenti, ma per farlo come modello sperimentale in una regione più vasta ed estenderlo poi alle altre regioni fu scelta la Sardegna. In accordo con i finanziatori che erano l’UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration), l’ECA (Economic Cooperation Administration) e la Rockfeller Fundation (che poi contribuì anche con la direzione tecnica del progetto attraverso la propria Health Division) l’alto Commissariato Italiano per l’Igiene e la Sanità istituì nell’aprile del 1946 l’ERLAAS (Ente Regionale per la Lotta Anti Anofelica in Sardegna).
Questo ente era il braccio operativo della campagna e aveva tra l’altro il compito di reclutare e addestrare il personale e di documentare con il procedere delle operazioni di bonifica. Alcuni numeri sono indispensabili per capire l’enorme sforzo economico e umano profuso in questa campagna che durò quattro anni (dal 1947 al 1950). Furono impiegati oltre 32.000 uomini e cinque milioni di litri di DDT; furono trattati 1.200.000 focolai e cinque milioni di stabili di tutti i tipi; fu speso un milione di dollari (sette miliardi di lire allora, che corrispondono adesso a circa sette miliardi di euro). La prima campagna iniziò nel 1947 ad aprile e finì a ottobre e interessò la regione sud occidentale dell’isola per una superficie di 5.400 chilometri quadrati che furono divisi in dieci sezioni e raggruppati in due divisioni. Ogni sezione fu divisa in nove distretti e ciascun distretto venne a sua volta diviso in sei settori.
I distretti furono pure divisi in sottosettori ciascuno dei quali rappresentava la superficie da trattare in una giornata e comunque la divisione venne fatta in modo tale che il settore più lontano venisse trattato di lunedì mentre quello più vicino venisse trattato il sabato. La seconda campagna iniziò nel 1948 a febbraio e finì ad ottobre. Questa campagna fu più accurata, giacché vennero definiti con più precisione i confini dei territori da trattare e venne coinvolta la popolazione residente con la richiesta di segnalare la presenza di eventuali focolai larvali e comunque di superfici non trattate in precedenza.
La terza campagna iniziò nel 1949 a febbraio e terminò ad ottobre e interessò le regioni in cui vennero segnalati focolai di sopravvivenza degli anofeli. Durante questa campagna si capì che i settori da trattare erano troppo grandi e vennero ristretti. In questo modo la campagna poté dare risultati più soddisfacenti. L’ultima campagna fu eseguita nel 1950 e servì come controllo delle precedenti tre campagne. Dal punto di vista scientifico i risultati di queste campagne non vennero considerati un completo successo in quanto non fu possibile eliminare completamente il vettore indigeno della malaria.
Dal punto di vista sociale invece il successo fu totale e pienamente soddisfacente. Infatti, già nel 1950 furono segnalati solo 44 casi di infestazione e quindi la malaria come malattia sociale venne considerata sconfitta. Sulla strada del progresso sociale ed economico della Sardegna veniva finalmente eliminato un grande ostacolo. Per il popolo sardo la sconfitta della malaria rappresenta, senza ombra di dubbio, la più grande vittoria ottenuta nel corso della sua storia millenaria.
Senza dubbio, un interessante scorcio storico della lotta alla Malaria in Sardegna.
RispondiEliminaVorrei completare quello che tu hai comunicato con un'altra nozione d'interesse. La zanzara anofele esiste ed è diffusissima, in tutta l'Italia: non è stata mai assente e - oggi almeno - non dà fastidio più di qualsiasialtra zanzara...
Quello che è stato debellato è invece l'agente patogeno della Malaria, che è il parassita di nome "Plasmodio" della Malaria (ce ne sono cinque tipi: il più diffuso è il Pl. Vivax, il più pericoloso il Pl. Falciparum).
La popolazione Sarda possiede ancora oggi - nel suo pool genetico - le tracce di quanto tu hai riportato del suo passato di 'anofelismo': Infatti la 'Carenza di G6PDH e vari tipi di anemie, altro non sono che meccanismi di difesa nei confronti della Malaria
L'unicità dell'Isolato Genetico Sardo ha inoltre fatto si che anche questi anticorpi siano unici e ben differenti da quelli delle restanti popolazioni del Mediterraneo...