All'interno della parrocchiale di Tuili, dedicata a S. Pietro Apostolo, è possibile ammirare, fra diverse opere d’arte, un capolavoro del rinascimento sardo: il retablo del Maestro di Castelsardo.
I retabli secondo l’etimologia del loro nome “retro tabula” che significa “dietro l’altare”, venivano posti dietro la mensa in cui si officiava il rito eucaristico.
Si tratta di una pala d’altare, divisa in scompartimenti dipinti di varie forme e grandezze; i soggetti rappresentati erano sacri e riguardavano la vita dei santi e episodi della vita di Gesù.
Questa opera fu voluta dai coniugi di Santa Cruz , Giovanni e sua moglie Violante, feudatari del paese di Tuili; questo atto è testimoniato dal contratto che i coniugi firmarono davanti al notaio Carnicer di Cagliari il 4 giugno del 1500, dove si impegnarono a costituire un vitalizio annuo in favore del nobile Nicolò Gessa per pagare il retablo che avevano fatto dipingere per la loro chiesa di San Pietro.
Questo atto è molto importante perché ci permette di datare l’opera e inoltre testimonia il fatto che l’opera non lasciò mai il suo luogo d’origine.
Il retablo che si trova nella prima cappella a destra per chi entra dall'ingresso principale, è alto 5,50 metri e largo 3,50; dal 1893 è stata dichiarato “Monumento Nazionale” da parte della Sovrintendenza ai Monumenti.
Lo schema decorativo è quello tipico dei retabli, dove nello scompartimento centrale è raffigurata la Vergine, in questo caso seduta in trono, e nello scompartimento superiore la crocifissione mentre in quelli laterali sono rappresentati santi o episodi della loro vita così pure nella predella. Nel retablo di Tuili negli scompartimenti laterali sono dipinti: San Michele, San Giacomo Maggiore, San Pietro e San Paolo; nella predella episodi della vita di San Pietro e nei polvaroli undici figure di santi.
Il retablo in questione è opera del Maestro di Castelsardo, artista di cui non sono note le generalità. Si pensa non fosse sardo, si presume potesse essersi formato in una scuola barcellonese e poi trasferitosi in Sardegna dove lavorò, in particolar modo a Castelsardo, da ciò l’appellativo di Maestro di Castelsardo.
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